Il movimento ecologista è nato molto prima che il deteriorarsi dell’ambiente e della qualità della vita ponesse una questione di sopravvivenza all’umanità. Esso è nato originariamente da una protesta spontanea contro la distruzione della cultura del quotidiano da parte degli apparati di potere economici e amministrativi. E per “cultura del quotidiano” intendo l’insieme dei saperi intuitivi, delle pratiche vernacolari (nel senso che Ivan Illich dà a questo termine), delle abitudini e delle condotte spontanee, grazie alle quali gli individui possono interpretare, comprendere e assumere il loro inserimento nel mondo che li circonda.
La «natura» per la quale il movimento esige protezione non è la Natura dei naturalisti né quella dell’ecologia scientifica: è fondamentalmente l’ambiente, che appare «naturale» perché le sue strutture e il suo funzionamento sono accessibili a una comprensione intuitiva; perché esso corrisponde al bisogno di sviluppo delle facoltà sensoriali e motorie; perché la sua conformazione familiare permette agli individui di orientarvisi, di interagire, di comunicare «spontaneamente» in virtù di attitudini che non sono mai state insegnate formalmente.
La «difesa della natura» dunque deve essere originariamente compresa quale difesa di un mondo vissuto, che si definisce tale per il fatto che il risultato delle attività corrisponde alle intenzioni che le sostengono, detto altrimenti, per il fatto che gli individui sociali vi vedono, comprendono e padroneggiano il compimento dei loro atti.
André Gorz, Ecologica (2008), Jaca Book, Milano 2009